venerdì 2 dicembre 2016

L’ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo di Jay Roach (2016)



Il film ripercorre la storia dello sceneggiatore americano Dalton Trumbo, braccato dal Comitato per le attività antiamericane (guidato dal senatore repubblicano del Wisconsin Joseph McCarthy), che – negli anni ‘50 – avviò in America la caccia ai comunisti, tutti indistintamente accusati di spionaggio per l’Unione Sovietica, facendo numerose vittime nel mondo del cinema e mettendo a rischio la carriera di molti artisti: da Chaplin a Disney, da Robert Taylor a Gary Cooper, Da Miller a Losey. Alcuni, fra cui il regista Elia Kazan e l’attore Lee J. Cobb, si lasciarono convincere a fare nomi per continuare a lavorare.
Tumbo, non volle farsi delatore, non riconobbe l’autorità della commissione e non accettò di rispondere alle domande di McCarthy, e fu condannato a 11 mesi di carcere e poi ostracizzato per una decina di anni.
Con lui furono condannati, a pene più lievi, due registi, un produttore e altri sei sceneggiatori (la lista dei 10). Non servirono a molto i messaggi di solidarietà di Gregory Peck, Humphrey Bogart, Lauren Bacall, John Huston, Gene Kelly, Judy Garland, Joseph Cotten, Burt Lancaster, Frank Sinatra, Edward G. Robinson, Robert Ryan e di molti altri. La paranoia indusse invece i produttori di Hollywood ad andare oltre stilando una black list di circa 100 nomi.
Dalton Trumbo continuò a scrivere sotto falsi nomi, s’ingegnò a fare il ghostwriter per altri sceneggiatori (vincendo perfino due oscar per “Vacanze romane” e per “Spartacus”) e fu riabilitato solo grazie alla pressioni degli influenti Kirk Douglas e Otto Preminger.

La trama è ben architettata, la sceneggiatura scorre densa e strutturata, i dialoghi sono incalzanti e frizzanti, la regia è impeccabile.
La ricostruzione del clima e del periodo storico è accurata.
Bryan Cranston (che impersona Dalton Trumbo) è perfetto (ma si era già fatto apprezzare come protagonista della laboriosissima serie Breaking bad (5 stagioni, 60 episodi).
Ci sono, nel film, momenti di intensa commozione e momenti, più frequenti, di squisita ilarità. Il tema è trattato con leggerezza non superficiale. La denuncia politica, esplicita, non assume i toni grevi della condanna intransigente: d’altronde nemmeno Trumbo pare che nutra rancore nei confronti dei suoi accusatori, ma mostra empatia e compassione per gli amici che, cedendo alle pressioni dei cacciatori di streghe, si allontanano da lui e lo denunciano.

Il film aggiunge informazioni alla conoscenza storica, offre stimoli emozionali, conferma la sensibilità politica, … ma non segna, scorre senza depositarsi, non muove corde profonde e nuove. Non coinvolge, non turba. Richiede la tua attenzione di fruitore, non la partecipazione empatica.

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E’ come un piatto sofisticato, fatto di ottimi ingredienti, sapido e nutriente. Lo puoi solo beatamente consumare, e finisce lì.

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