martedì 20 marzo 2018

Sieranevada (2016) di Cristi Puiu


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Un film senza trama, che impiega tre ore per raccontare il nulla.
I personaggi infatti fanno tutti parte di un ristretto nucleo familiare riunito in un angusto appartamento di Bucarest per una cerimonia funebre: e come in tutte le occasioni che vedono parenti forzatamente riuniti, si chiacchiera a vuoto, si rispolverano ricordi senza troppa convinzione, riaffiorano incomprensioni. (Viene in mente Scola). Si annega nel disagio e si fatica a tener sotto traccia l’infelicità. 

Un film nel quale non accade niente è estenuante; riuscitissimo, però, considerato che il regista Cristi Puiu, con questo film, intende proprio estenuare. 
Estenuante e confuso, ingarbugliato, a partire dalle relazioni che legano il gruppo parentale, nel quale non si capisce, o si capisce a stento, chi è fratello di chi, e cognato o genero, nipote o zia; col regista che ci introduce in medias res e non si preoccupa a spiegare l’albero genealogico.  
Confuso e claustrofobico (buñueliano), tutto girato in spazi ristretti che fan mancare il fiato, dove i personaggi s’intralciano a vicenda; con la cinepresa che si piazza nel piccolo atrio e impiccia ancora di più e fatica a tenere in campo tutto quel via vai di gente inquieta che chiacchiera e traffica in cucina, apre e chiude porte, litiga, entra ed esce dal bagno, apparecchia, sviene, sposta sedie, discute di storia e di politica, vomita. Un agitarsi frenetico quanto sterile.
  
La vacuità delle storie, l’inconsistenza dei personaggi e la futilità delle loro piccole disperazioni riescono a contagiare l’aria (satura, immagino, deglio odori di cucina) e a insinuare nello spettatore un malessere indefinito che sconcerta e alla fine stronca. La quotidianità spicciola svela l’assurdo che sgretola, il surreale che incenerisce.
Nei momenti di maggior tensione, quando i contrasti fra i personaggi fanno affiorare più angosciosa la loro disperazione e c’è uno che si ripiega per il dolore e scoppia in singhiozzi, uno dei familiari (Lary, quello che si presenta per primo all’inizio del film) ridacchia sotto i baffi, cercando di trattenersi e coprendosi la bocca con le mani; e il suo riso mal represso contagia qualcun altro; e il piccolo nucleo di miserabili si divide in chi piange disperato e chi disperato ride.
Senza motivo.

Ciliegia sulla torta, la genialità di affibbiare al film un titolo insensato, irragionevole come le amare dinamiche che descrive, illogico come la società che rappresenta, assurdo come la vita.

 


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