giovedì 28 gennaio 2010

1960-1963: MICROCOSMI (6) – Rientro nella nebbia

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Quella sera il viaggio di ritorno si collocò fuori dal tempo e dallo spazio.
Col buio era calata improvvisa una fittissima nebbia.
La corriera si era districata con fatica fra le strade male illuminate della città e, superate le ultime case della periferia, era penetrata in un mare di ovatta sporca e avanzava incerta galleggiando nel nulla.
Una lunga colonna di automobilisti si era incollata dietro di noi per farsi guidare nella caligine che diventava sempre più densa. L’autista, investito dalla responsabilità di capofila, ci aveva chiesto di stare seduti e zitti, aveva spento tutte le luci interne per non farsi infastidire dai riflessi, aveva asciugato con cura i vetri appannati, aveva tirato avanti il sedile e ora guidava con la faccia incollata al parabrezza tenendo d’occhio sia la riga sulla mezzeria a sinistra, sia i riflessi dei catarifrangenti sui paracarri a destra.
Le auto seguivano lente, a velocità costante, in fila serrata, legate una con l’altra dalle sfere di luce sfuocata emesse dai fari. Il corteo che si snodava nella notte sembrava una processione notturna, un treno nelle tenebre, un lungo bruco a strisce bianche e grigie, un serpente di luci che scivolava nel silenzio, un drago che nell’incedere bucava la bruma e la sollevava in sbuffi lenti di vapore.
I pendolari se ne stavano tutti rannicchiati nei loro sedili, infagottati nei loro cappotti, assorti nei loro pensieri a covare la stanchezza.
Il silenzio assoluto, sopra il ronzio del motore diesel che faceva da sottofondo, era rotto solo da qualche colpo di tosse.
Ero seduto sullo sgabello a scomparsa accanto all’autista. Guardavo la strada come se la mia attenzione potesse aiutarlo. E fissando un punto preciso nella nebbia, diluivo l’ansia, annegavo il tumulto che avevo nel cuore, disperdevo i mille sbriciolati pensieri che mi ronzavano in testa.
Nei vapori della notte non si capiva dove fossimo e quanta strada ci restasse da percorrere. Io pure, per mio conto, non sapevo dove fossi, quanta strada mi restasse da fare, quale strada, e nemmeno sapevo dove sarei arrivato.

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