venerdì 13 novembre 2009

SESSANTOTTO E DINTORNI (15): i miti

I miti dei nostri fratelli maggiori erano l’America e la Russia.
L’America aveva liberato l’Italia dal fascismo e dai tedeschi, ma – soprattutto – ci aveva portato la sua ariosa letteratura, il cinema, i fumetti, la musica nuova, la televisione, la plastica, il popcorn e la gomma da masticare.
La Russia era il paese in cui si andava realizzando il sogno del comunismo, del collettivismo egualitario, del riscatto dalla povertà, della giustizia interclassista, dello stato etico, del potere al popolo.
Ma la Russia che voleva liberare tutti gli oppressi della terra si rivelò incapace di liberare se stessa e divenne un impero grigio e monolitico, infelice e tetro, primitivo e atroce, impermeabile e minaccioso.
E l’America, che pretendeva di esportare in tutti i paesi i suoi principi di libertà, si rivelò presto capace solo di divorare e conquistare, di opprimere i movimenti di liberazione che non contemplavano l’accettazione della sua interessata alleanza: dispiegò una politica militarista di sopraffazione, appoggiò i più feroci regimi dittatoriali (dalla Grecia all’America Latina, all’Africa, al Vietnam), finanziò movimenti e partiti politici conservatori o palesemente fascisti, soffocò e aiutò la repressione delle lotte di liberazione nel terzo mondo, difese con ogni mezzo illecito il modello di sviluppo capitalistico che prevedeva il brutale sfruttamento dei paesi poveri, si oppose senza esclusione di colpi (ricorrendo anche ad assassini politici) alla emancipazione delle ex-colonie..

Per queste ragioni noi eravamo antisovietici e antiamericani. Orfani. Antisovietici rancorosi perché comunisti traditi dal paese fratello. Antiamericani livorosi perché l’America era responsabile della grave involuzione dei valori della rivoluzione francese di cui tutti, compresi i comunisti, ci sentivamo figli.
Ammiravamo i piccoli e tenaci vietnamiti che combattevano contro i giovanottoni ben pasciuti e viziati, resistevano abbarbicati nelle loro foreste bruciate dal napalm, infognati nelle loro catacombe (rifugi sotterranei con camminamenti, ospedali, depositi di armi), lottavano con fucili antiquati contro elicotteri, e tendevano agguati con trappole di bambù, si infiltravano per morire uccidendo gli invasori, pativano stenti e fame mentre i cow-boys americani venivano riforniti di tutto, perfino dell’eroina necessaria per vincere la nausea che li assaliva quando partivano in missione per massacrare donne e bambini.

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