domenica 4 aprile 2010

Lourdes di Jessica Hausner (2009)

Si può dire, di un film, che è neutro e - nello stesso tempo - potente?
Lourdes lo è: quasi amorfo nei toni, potente nella sostanza. Lineare nella narrazione (che scivola lungo la banale progressione cronologica), intenso nella tensione (che - sequenza dopo sequenza - lo accompagna dall’inizio alla fine). Una tensione sempre sul punto di esplodere ma trattenuta, non marcata, non sottolineata dagli espedienti che tutti i registi conoscono, non enfatizzata da colpi di scena; al punto che molti spettatori non la percepiscono (diseducati a leggere le sfumature) e giudicano il film lento e noioso (e c’è anche chi si appisola durante la proiezione).
La regista Jessica Hausner dimostra un equilibrio raro ed una onestà intellettuale inconsueta. Non si compiace, non stigmatizza, non giudica, non condanna, non si lascia tentare dal didatticismo, non lancia proclami. Pone, pacatamente, dei problemi, senza enunciarli, solo raccontando. Si colloca in atteggiamento di ascolto, sensibile alla fragilità di chi crede e attenta ai dubbi di chi non crede. Descrive con uguale compassione i corpi disabili e le menti disorientate. Ha pietà per le solitudini. Segue gli accadimenti con un atteggiamento quasi indolente e con la macchina quasi immobile, ma non perde nemmeno un gesto (anche se a prima vista involontario), una parola (anche se trattenuta), uno sguardo (anche se apparentemente distratto).
Questi toni amorfi e questa reticenza sono il valore aggiunto del film: è bello trovare una regista che non mostra ma indica, e che non costringe a guardare ma insegna a vedere.

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