mercoledì 22 aprile 2009

Le brigate rosse sono nere

Chi vuole costruire la Città Ideale deve prima conquistare il potere.
Chi vuole conquistare il potere deve prima istruire cervelli, educare coscienze, diffondere cultura, formare persone sensibili e mature.
Le elezioni si vincono se la gente capisce le ragioni di una politica democratica.
Ma anche (perfino) la rivolta armata, l'autentica rivoluzione, l'insurrezione e la conquista violenta del potere presuppongono che il popolo sia cosciente - oltre che sofferente - della sua condizione di estrema ingiustizia che patisce.
Per colpire con le armi e abbattere il tiranno che detiene il potere o per desautorare un dispota che vessa i deboli con prepotenza o per mandare in minoranza col voto una forza politica che difende con arroganza i suoi privilegi , è necessario comunque EDUCARE.
Alle tortuose elucubrazioni politiche elaborate dai cervellotici rivoluzionari nostrani, da Pisacane a Cafiero a è sempre mancato il preambolo basilare che pone la consapevolezza dell'oppressione come condizione indispensabile di ogni insurrezione.
Alle analisi strategiche e alle manovre tattiche dei politici di sinistra è sempre mancata la capacità di convincere, aggregare, mobilitare.
La rivolta armata, così come la vittoria elettorale, non sono ammissibili né possibili se il popolo è addormentato nell'ignoranza o sedotto dalle lusinghe o addomesticato dalla retorica, ....
I pochi che hanno consapevolezza dell'ingiustizia hanno prima il dovere di “svegliare” gli oppressi e di trasmettere loro questa consapevolezza per poi invitarli alla sollevazione; non sono autorizzati a sobillare prima la plebe (a chiedere il voto sulla fiducia) e mandarla al macello (al seggio) per ristorare poi la sete di giustizia e libertà, restituire dopo ricchezza e benessere, dispensare successivamente kultura e consapevolezza.
La vera rivoluzione e la vera palingenesi sono date dal cambiamento delle coscienze, dalla maturazione politica, dal prevalere della ragione.
Chi soffre la tirannide non deve cominciare la rivoluzione da solo, non è autorizzato a fare da avanguardia. Chi crede nel gesto eroico esemplare e solipsistico (che, la storia insegna, sempre si è rivelato inutile e controproducente) dimostra di essere un individualista presuntuoso, un élitario romantico che disprezza il popolo, un classista reazionario che non crede nella capacità di riscatto degli umili (ed è quindi per questo, e in aggiunta, paradossalmente incoerente).
I rivoltosi che partono da soli, così come i politici che presumono di interpretare i bisogni del popolo, non sono diversi da quegli stessi dittatori che desiderano rovesciare (anzi, molto spesso, e riescono nell'impresa, si sostituiscono temporaneamente a loro limitandosi a modificarne le insegne): gli anarchici e i giacobini, così come i politici arroganti, sono simili ai tiranni che si aggiudicano il diritto di interpretare le volontà degli altri, si appropriano del potere di guidare la plebe, pretendono di essere destinati a governare le masse e ad assicurare la felicità al popolo, hanno perfino l'arroganza di scrivere le regole, di coniare le parole d'ordine, di imporre slogan, ...
I terroristi o i politici che agiscono per conto del popolo rivelano, oltre che una immaturità psichica, un istinto tirannico e un delirio di onnipotenza antidemocratici esecrabili come quelli nazista o fascista, una mentalità dispotica e una cultura autoritaria abominevole come quella sovietica o polpotiana, una propensione all'assolutismo detestabile come quella paternalistica dei democristiani, una tracotanza dittatoriale indecente come quella seduttiva dei berlusconiani.

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