Mancano pochi giorni alle elezioni presidenziali. Il presidente incappa in un incidente analogo a quello che impiccerà Clinton. Per soffocare lo scandalo che potrebbe compromettere il risultato delle elezioni, i suoi collaboratori - guidati da Conrad Brean (De Niro) che si occupa della “immagine” - inventano come diversivo mediatico una guerra contro l’Albania. Li aiuta Stanley Motts, produttore hollywoodiano (un fanfarone e scatenato Hoffman), che riesce a costruire nei suoi studi degli efficaci reportages dal fronte.
La lezioncina sociopolitica è evidente: la comunicazione condiziona tutto; la televisione manipola, ma per farlo deve essere a sua volta pesantemente manipolata o controllata (capito?); la politica e i politicanti, fino al massimo livello (vedi il presidente burattino), sono un prodotto che può essere imposto ai cittadini-consumatori come si impone-propone un detersivo; il pubblico è manovrabile (e la stampa pure); i media disprezzano i loro fruitori e li considerano tutti degli idioti plagiabili; chi capisce o conduce il gioco (De Niro) vince e controlla il potere; chi non si adegua, anche solo per vanità o per ambizione (Hoffman) è destinato a soccombere.
La sceneggiatura è magistrale (non poteva essere diversamente, considerato che il film si gioca tutto sulla sceneggiatura di una sceneggiatura!); il ritmo adeguatamente vertiginoso; la tensione alta dall’inizio alla fine; la recitazione mascalzona quanto serve.
Solo il titolo italiano è cretino, ma di quello nessun autore ha colpa.
La lezioncina sociopolitica è evidente: la comunicazione condiziona tutto; la televisione manipola, ma per farlo deve essere a sua volta pesantemente manipolata o controllata (capito?); la politica e i politicanti, fino al massimo livello (vedi il presidente burattino), sono un prodotto che può essere imposto ai cittadini-consumatori come si impone-propone un detersivo; il pubblico è manovrabile (e la stampa pure); i media disprezzano i loro fruitori e li considerano tutti degli idioti plagiabili; chi capisce o conduce il gioco (De Niro) vince e controlla il potere; chi non si adegua, anche solo per vanità o per ambizione (Hoffman) è destinato a soccombere.
La sceneggiatura è magistrale (non poteva essere diversamente, considerato che il film si gioca tutto sulla sceneggiatura di una sceneggiatura!); il ritmo adeguatamente vertiginoso; la tensione alta dall’inizio alla fine; la recitazione mascalzona quanto serve.
Solo il titolo italiano è cretino, ma di quello nessun autore ha colpa.
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