Guy Debord, nella sua opera più nota (La società dello spettacolo del 1967) scriveva:
"La prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale aveva determinato, nella definizione di ogni realizzazione umana, un’evidente degradazione dell’essere in avere.Questa involuzione è giunta alla sua terza fase, forse imprevedibile nel '67: oggi l'apparire tocca un punto di esasperazione tale per cui - superata la necessità di possedere la sostanza dell'essere e superato anche il bisogno vanesio di esibire quel che si è o si ha - si impone la consuetudine di ostentare i segni apparenti dell'essere e di sfoggiare gli orpelli che simboleggiano l'avere, in una plateale e volgare rappresentazione di uno status che non basta a nascondere la sostanziale inconsistenza e la sconfortante vacuità.
La fase attuale dell’occupazione totale della vita sociale da parte dei risultati accumulati dell’economia conduce a uno slittamento generalizzato dell’avere nell’apparire, da cui ogni “avere” effettivo deve trarre il suo prestigio immediato e la sua funzione ultima".
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