Guarda, gli ho detto io, il fatto quotidiano han pubblicato oggi una cosa, aspetta eh, ce l’ho nella borsa, lo prendo, e ho aperto la borsa, ho preso il fatto quotidiano, l’ho aperto e ho letto:Uno parla di Matera, qualcuno tira fuori Pasolini, parla di calcio, la grande passione di Pasolini, parla di cinema, c’è sempre uno che cita Pasolini, parla di aborto, da qualche parte salta fuori Pasolini, parla di chiesa, la controversa spiritualità di Pasolini, parla di manifestazioni, neanche da dire, Valle Giulia e Pasolini, parla della fauna emiliana, saltan fuori le lucciole di Pasolini, parla di poesia dialettale, c’è sempre qualcuno che ha letto Pasolni, accende la radio, dopo un minuto Pier Paolo Pasolini, va bene. Non dico niente, va bene.
Sono d'accordo.
Ma mi viene il sospetto che sotto
ci sia un qualche polemico fraintendimento.
E allora dico la mia. Senza
polemica. Senza intenzione di beatificazione (iterata, inutile).
Si sa, ma lo ricordo come premessa: Pasolini -
nonostante l’ostracismo della chiesa e dei comunisti, il tentativo di
esclusione della classe politica e della borghesia e la paternalistica
accondiscendenza della cultura alta - aveva raggiunto un enorme successo come
poeta (prima dialettale e poi in lingua italiana), come romanziere, come autore
teatrale e sceneggiatore, come critico letterario ed infine come regista.
Il suo poliedrico, eclettico (ed anche un po’ frenetico)
attivismo culturale [e qui hai ragione con la tua accusa di
prezzemolizzazione], accanto alla sua diversità ed al suo effettivo
anticonformismo, lo rendevano funzionale ad una società sensibile ai movimenti
antiautoritari degli anni Settanta, all’anarchismo eversivo, alla simpatia per
le rivoluzioni. E lo rendevano anche "di moda".
I media si erano tuffati su di lui e lo avevano
adottato, quasi addomesticato (in quegli anni Mario Apollonio, parlando
d'altro, sosteneva che la chiesa era capace di far parlar latino anche i
bestemmiatori).
Pasolini era - suo malgrado - un buon
segnavento: garantiva audience, piaceva ai media perché dava patente di
libertario a chi lo invitava, piaceva alla sinistra modaiola perché scavalcava
a sinistra la sinistra tradizionalista, piaceva anche ad una certa destra
modernista perché smascherava le ipocrisia dei progressisti.
Le sue prese di posizione anticonformiste erano musica
per le orecchie degli anticonformisti di professione (che sono più conformisti
dei conformisti): Pasolini infatti - pur di andare contro corrente, consapevole
della strumentalizzazione di cui era vittima - prendeva posizione contro tutti -
guadagnandosi, di volta in volta, le simpatie dei radicali e dei frati di
Assisi, dei maoisti e dei poliziotti, dei critici letterari e dei
lumpenproletari borgatari, dei funzionari Rai e degli intellettuali
espulsi dalla televisione,...
Piaceva a tutti e dava fastidio a tutti. Era, in
sintesi, un rompicoglioni reso innocuo dal suo rompicoglionismo fatto professione.
Il fatto che continui ad essere
sfruttato in quell ruolo qualche decennio dopo la sua morte ci dice due cose
conferma la sua attualità e la sua innocuità.
Pasolini continua ad essere
attuale anche perché TUTTI gli argomenti su cui si è espresso allora riguardano
problemi (politici, sociali, etici, culturali, letterari, economici, religiosi,
educativi, …) non ancora risolti.
E continua ad essere innocuo -
malgrado avesse spesso ragione; benché abbia spesso ancora oggi (purtroppo)
ragione - per il fenomeno di beatificazione che l’ha investito.
Ora a citarlo sono dei piccoli
conformisti.
E a denigrarlo sono dei
piccolissimi anticonformisti.
Di “aspiranti pasolini” - o di sue copie sbiadite - siamo
purtroppo invasi.
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