Quincas, con una scelta anarchica e libertaria, ha abbandonato il perbenismo di una famiglia piccolo-borghese per immergersi nella autenticità della vita della suburra di Bahia, fra ubriachi e prostitute. Ora, da morto, corre il rischio di essere recuperato dagli ipocriti parenti, restituito al grigio mondo civile e ripulito da lordure e peccati, per essere ricomposto e dignitosamente sepolto.
Viene però “salvato” da uno scombinato quartetto di amici - gli indimenticabili Negro Brillantina, Pettirosso, Piedivento e Comandante Martim - che lo riconducono nel loro e suo mondo, nelle osterie del porto e sul peschereccio di Capitan Manuel, per “rivivere” un’ultima notte di fuoco, fra solenni bevute di cachaça e scorpacciate di zuppa di razza. Il morto - coerentemente con la sua unica scelta esistenziale - decide di scomparire nel mare in tempesta, sussurrando alla sua bella Quitéria Occhigrandi: “Mi seppellisco quando voglio e all’ora che mi pare. Potete mettere via la bara per un’altra occasione. Non mi lascerò rinchiudere in un buco sottoterra”.
Può essere curioso confrontare il racconto di Amado con la novella di Pirandello “Il treno ha fischiato …” nella quale il protagonista, il computista Belluca, prende consapevolezza della sua condizione (”vecchio somaro, che tirava zitto zitto, sempre d'un passo, sempre per la stessa strada la carretta, con tanto di paraocchi”), ma non riesce a ribellarsi e liberarsi se non con la fantasia. ("C'era, ah! c'era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, c'era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s'avviava...Mentr'egli qua viveva questa vita “impossibile", tanti e tanti milioni d'uomini sparsi su tutta la terra, che vivevano diversamente. Ora, nel medesimo attimo ch'egli qua soffriva, c'erano le montagne solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti... sì, sì, le vedeva, le vedeva, le vedeva cosi... c'erano gli oceani... le foreste...").
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